Con Alberto Sordi scompare,come e fin troppo
risaputo, l'interprete più completo del costume dell'italiano medio del
quale con una carica irresistibile di simpatia egli faceva perdonare i
difetti. Nella sua fortunata carriera passò in rassegna tipi di tutte le
condizioni, estratti in gran parte da quell' universo mondo che è Roma dove,
come dice il poeta, "anche Cristo è romano". Con ciò sotto l'apparenza
romanesca si celavano personaggi riconoscibili ad esempio nel Belli
come in Molière, in Bonnard come in Fellini, nella commedia popolare
dialettale come nel dramma borghese. A parer mio,poi ,in Una vita
difficile, il vero capolavoro di Dino Risi, Sordi già nel 1961 aveva
disegnato la nascita, la servile carriera, la ribellione e il riscatto del
portaborse, con una autentica previsione di quanto sarebbe accaduto
nell'interno delle coscienze. Di questa sua capacità
interiore posso rendere testimonianza diretta,avendo prodotto nel 1970 La
contestazione generale con la regia di Luigi Zampa, film in tre
episodi in uno dei quali Sordi interpretava un povero parroco di campagna.
Non era certo in linea con il curato di Bernanos ma non era da meno
nell'interpretare un malessere esistenziale. Nelle sue molteplici creazioni
Sordi restava in genere Sordi, in questo caso egli si identificava a tal
punto col personaggio da oscurarne l'interprete. Già l'apparenza lo faceva
diverso dalle sue pittoresche caratterizzazioni. Nella tunica stazzonata e
bisunta sembrava persino più piccolo, la sua sciatteria gli consentiva una
insolita sobrietà. La sua parrocchia era sull'erta di un colle a cui si
accedeva per una ardita scala aerea; avevamo così scelto, per le riprese,
Bagnoreggio, il paesino viterbese natio di San Bonaventura e dello scrittore
Bonaventura Tecchi. In questa comunità relegata in cielo il prete Sordi era
il più importante punto di riferimento, non in virtù della sua autorità
sacerdotale ma grazie alla sua umiltà che lo metteva al servizio dei suoi
parrocchiani. |
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Faceva da corriere dal villaggio
al paese sottostante, sbrigava le pratiche dei più bisognosi e dei più
sprovveduti, sfaccendava tutto il giorno tra la celebrazione di una messa e
la recita del rosario; questo attivismo gli impediva in un certo senso
rapporti personali e perciò a sera ritrovandosi nella sua povera cella egli
sentiva gravare su di sé nonostante la candida fede, la solitudine. Il
fortuito incontro con un pastore anglicano accompagnato da moglie e figli lo
convince nella compatibilità del ministero sacerdotale con l'affetto di una
famiglia e lo spinge a chiedere udienza al vescovo della sua diocesi. In una
memorabile scena Sordi si incontra con Enrico Maria Salerno, interprete di
un prelato piuttosto mondano, e vincendo la sua goffa timidezza osa chiedere
la dispensa matrimoniale. Scegliendo nella girandola
dei suoi personaggi preferisco dedicargli il ricordo di questo piccola
grande prete, dimenticato da molti; e non solo perché l'ho visto vivere pur
nella finzione illuminato da un'arte sapiente, ma perché mi suggerisce
un'illazione forse illecita e invadente. Ma nella occasione irripetibile
della sua morte mi permetto di esprimere la mia predilezione per quel
singolare personaggio sperduto nella folla colorata dei suoi personaggi
perché rivela il segreto della solitudine di Sordi uomo, di Sordi scapolo,
di Sordi schivo, persino di quel Sordi scherzosamente e affettuosamente
celebrato per la sua avarizia. Questa solitudine se l'è portata con se,
scomparendo dalla scena del mondo che egli dominò forte di quella temeraria
baldanza con cui gli animi imprevedibilmente sensibili nascondono
l'innocenza della propria timidezza. |