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COLOMBA

di Dacia Maraini

Edizione Rizzoli

Pagine  374

Prezzo Euro  17,00


 

   
Dov'è finita Colomba? Di lei non restano che la bicicletta abbandonata e i misteri di un bosco abruzzese.

Nessuno ormai crede più che Colomba sia ancora viva, solo sua nonna Zà è certa di poterla ritrovare e per questo ogni mattina, in sella alla sua bicicletta, passa al setaccio i boschi delle montagne abruzzesi. E' sparita da un anno Colomba e ogni ricerca è stata inutile. Il mistero cresce, aleggia anche il sospetto di un delitto. Si tratta di un rapimento o solo di una fuga?
Anche la storia della famiglia di Zà è un percorso a ostacoli, ma forse proprio risalendo indietro fino all'Ottocento, Zaira potrà far luce sulla sparizione della nipote. La memoria è fatta di tanti fili, comporli in un ordito chiaro è un lavoro di pazienza, ci sarebbe bisogno di aiuto ma nessuno è disposto davvero a darlo. Allora chi meglio di una scrittrice potrà annodare le trame del ricordo? E' così che Zaira va a cercare la romanziera, che ha altro a cui pensare, tra le montagne d'Abruzzo. Comincia il suo racconto, compone tasselli della sua epopea familiare, ormai è lei stessa il suo personaggio, parla di una poverissima famiglia del Sud, di una siciliana andata in sposa in Abruzzo e madre di Pietr' i pelus', avvocato a Torino, morto soldato sul Carso durante la Prima guerra mondiale. Racconta del figlio clandestino, Pitrucc', frutto dell'amore di Pietr' con una prostituta, emigrato in Australia per sfuggire alla persecuzione fascista. Rivive l'adolescenza difficile di Angelica, le radici del suo dramma, l'Italia turbolenta degli anni Settanta. Non smette di raccontare, Zaira. E' un fiume in piena. E non si stanca di frugare nei
boschi insieme al cane Fungo.

Questo romanzo epico e corale ci accompagna in luoghi e tempi distanti e vicini, misteriosi e quotidiani. Presi per mano come in una fiaba attenta, si sprofonda nel flusso felice della narrazione. Una struttura a cipolla, i cui personaggi e vicende si fanno sfogliare con curiosità e partecipazione. La memoria di chi narra medica qua e là le sue ferite, rimedia i suoi guasti, ritrova le sue motivazioni. Le voci delle due donne dapprima si alternano, si contendono la scena, poi si sovrappongono, una scivola nell'altra. Chi sta intrecciando questa storia di storie lunga un secolo? E dov'è finita Colomba? Inghiottita nei misteri di un bosco? Perchè ha abbandonato veloce la sua bicicletta?
Dopo La lunga vita di Marianna Ucrìa, Colomba segna il grande ritorno al romanzo di Dacia Maraini e ai suoi temi prediletti: la trama sottile dei sentimenti, l'attenzione per il mondo femminile e i suoi conflitti, il dolore della storia, e su tutto l'amore incontrastato per gli animali e il paesaggio.


Emma Giammattei per Il Mattino

All’insegna della contaminazione fra differenti stili linguistico-narrativi, l’ultimo romanzo di Dacia Maraini, Colomba (Rizzoli, pagg. 374, E 17), ricco di parole e di pagine, si presenta come una svolta, o almeno come ricerca in una direzione nuova, all’interno della folta produzione di questa scrittrice molto amata dai suoi lettori, eppure ancora in una zona d’ombra nel panorama della letteratura contemporanea. Si vuol dire che la presenza della Maraini non è stata ancora concettualizzata, in positivo o negativo non importa, dalla critica. In questo romanzo vige l’astuta messa in scena del mondo narrato, con gli ingredienti che oggi il lettore sembra richiedere, tutti rappresentati con senso delle pari opportunità fra i temi affrontati: il «giallo» della scomparsa di una giovane Colomba in un bosco abruzzese; la ricerca-inchiesta che ne esperisce la vecchia ma tenace nonna Zaira, detta Za; e quindi il fronteggiarsi dell’arcaico mondo dell’Abruzzo delle montagne, una regione che a partire dal folklorista De Nino meglio ha custodito la memoria del popolare, con la giungla pervasiva del moderno. La dialettica, profondamente italiana, fra città e campagna in quanto spazi dell’immaginario, si arricchisce della prospettiva storica. Infatti viene ricostruito l’albero genealogico della famiglia di Zaira, che permette il diramarsi delle storie dall’Ottocento fino al fascismo, secondo una bene sperimentata tecnica narrativa di matrice balzacchiana prima che zoliana. La proliferazione dei personaggi permette tutto, una grande libertà della trama che potrebbe amplificarsi all’infinito. Soprattutto, a partire dal nome della fanciulla scomparsa, e dalla metafora del bosco, il romanzo propone una sorta di gotico contemporaneo. Dinanzi alla innegabile sapienza combinatoria della Maraini viene fatto di riflettere che Propp ha vinto, che cioè la sua antica analisi della struttura della favola, ha prodotto una media scrittura narrativa che ne ha inteso ed applicato le regole. Ma il dato più significativo è costituito dalla figura della narratrice che circola e interagisce fra i suoi personaggi, vale a dire la componente metanarrativa che raffredda, ma anche interroga, passo passo, il farsi dell’intreccio. All’inizio il personaggio della scrittrice, definito semplicemente, quasi per cancellazione di tratti più riconoscibili, «la donna dai capelli corti», ci racconta come nasce un romanzo, per necessario imporsi alla sua attenzione di «un personaggio che bussa alla porta», in un incontro che deve, per usare il verbo della Maraini «quagliare». È un approccio alla narrazione che parrebbe di impianto vetero-realista; ma piuttosto rivela un atteggiamento utilitaristico della scrittrice che cerca l’«interessante», e adopera i pezzi di realtà in funzione di altro, appunto di una fabula. L’elemento femminile del romanzo, del resto sottolineato continuamente, consiste appunto nella capacità del personaggio femminile, Zaira, ma anche di tutte le trasmutazioni autobiografiche della scrittrice nei personaggi femminili, di detenere le leggi del Racconto. In questa prospettiva il romanzo affastella il materiale per un romanzo e forse per più d’uno; e la parte maggiormente evocativa per un lettore colto - colto almeno quanto la Maraini - è l’Appendice con il glossario delle espressioni e dei modi di dire nel dialetto abruzzese che scandiscono il testo. Certo è là, in quel codice segreto, la radice del romanzo. Lamentava Carlo Cattaneo, più di un secolo e mezzo fa, che in Italia non si sapeva ancora fare quello che la minima maestrina in pensione inglese sapeva benissimo produrre, cioè «un tollerabil paio di volumi, mescolando non senza garbo quegli otto o dieci caratteri di convenzione e quelle venti o trenta combinazioni d’uso, con cui si può comporre un numero qualunque di romanzi, a un dipresso come con un mazzo di carte o con una scatola di scacchi, si può fare un numero qualunque di partite». Ecco, questa astuta Colomba assicura il critico della avvenuta evoluzione della nostra media civiltà letteraria. E non è poco.

   
Dacia Maraini è nata a Firenze. Ha pubblicato i romanzi La vacanza (1962), L'età del malessere (1963), Memorie di una ladra (1973), Donna in guerra (1975), Isolina (1985), La lunga vita di Marianna Ucrìa (1990, Premio Campiello 1990), da cui è stato tratto il film di Roberto Faenza, Voci (1994), Dolce per sè (1997). Tra le sue raccolte di poesie ricordiamo Viaggiando con passo di volpe (1991) e Se amando troppo (1998). La sua produzione teatrale è stata per la prima volta raccolta nei due volumi Fare teatro 1966-2000 (2000). Nel 1980 ha pubblicato con Piera Degli Esposti, Storia di Piera a cui è seguito Piera e gli assassini (2003), nel 1993 Bagheria, nel 1996 Un clandestino a bordo, nel 2001 La nave per Kobe. Ha vinto nel 1999 il Premio Strega con Buio. Le sue opere sono edite presso Rizzoli e tradotte in venti paesi.
Sul "Corriere della Sera" tiene una rubrica ogni tre settimane dal titolo "Il sale sulla coda".